Oggi, 21 marzo, primo giorno dopo l’equinozio che segna l’inizio della primavera, in tutto il mondo si celebra la Giornata Internazionale delle Foreste. Sicuramente molto sottotono, quasi in silenzio, a causa della tragica pandemia di coronavirus che si sta progressivamente diffondendo in tutto il pianeta.
Certamente la speranza è che quella che inizia oggi non sia davvero la definiva e globale primavera silenziosa (silent spring) che dava il titolo al profetico libro scritto da Rachel Carson nel lontano 1962. Non dobbiamo permetterlo.
Ma, premesso che sicuramente solo pochi o pochissimi conoscono la ricorrenza delle foreste, è certo che quelli che ne sono al corrente abbiano contezza del ruolo svolto dalle foreste? La domanda appare giustificata giacché in pochi si sono accorti che la deforestazione avanza a livello planetario, ma anche in Europa e nel nostro Paese la politica dei tagli forestali ha registrato negli ultimi anni una vera e propria impennata.
Le foreste servono semplicemente “a tutto”, ma basta fermare l’attenzione su tre fondamentali aspetti.

In prima linea contro i cambiamenti climatici
Innanzitutto, la riduzione della quantità di anidride carbonica, uno dei maggiori responsabili del cambiamento climatico in atto. È ormai scientificamente accertato che ad assorbire e a mantenere nei propri tessuti e nel suolo la maggiore quantità di carbonio non sono gli alberelli giovani e in rapida crescita bensì gli alberi di grandi dimensioni, come peraltro è facile intuire.
Perciò la conservazione delle foreste vergini e di quelle vetuste e di grandi dimensioni è determinante per il sequestro e lo stoccaggio dell’anidride carbonica.
Secondo un articolo recentemente comparso sulla rivista Nature, senza la loro fondamentale azione nei confronti dei gas climalteranti, la battaglia per ridurre l’innalzamento della temperatura sul pianeta è persa in partenza.
Perciò, senza far riferimento all’Amazzonia o alle foreste di altri continenti, ma restando nella nostra antica e civilissima Europa, è realmente criminale ciò che sta avvenendo in Romania dove si stanno tagliando i boschi che rivestono le montagne di Domogled, uno degli ultimissimi esempi di foreste vergini presenti sul nostro continente.
Per fortuna, lembi di foreste con caratteri di vetustà si trovano anche in Italia, come la famosa faggeta della Val Cervara nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Vanno a tutti i costi preservati da qualsiasi intervento antropico.
Ciò non significa però che non si debba affiancare alla conservazione delle foreste antiche il rimboschimento di aree nude o anche la piantagione di alberi in città o in nuovi parchi urbani o periurbani.
Un recente programma, la Bonn Challenge, prevede di riforestare 350 milioni di ettari nel 2030. Ciò produrrebbe un risultato sufficiente a mitigare il cambiamento climatico ed assicurare un futuro meno incerto alle prossime generazioni.
In tal senso, sono da accogliere positivamente anche le iniziative italiane come quella di piantare sessanta milioni di nuovi alberi, uno per abitante. Perché sia utile, tuttavia, bisognerebbe accompagnarla con un’analoga iniziativa che garantisca l’esclusione dall’abbattimento di almeno altri sessanta milioni di alberi di cui oggi è previsto l’assoggettamento al taglio.

Il contributo alla difesa della biodiversità
Se anche non fosse stato alterato il clima, però, la sopravvivenza della specie umana sul pianeta sarebbe comunque a rischio a causa della deforestazione che continua senza soste a livello planetario e con particolare aggressività nelle zone equatoriali, quelle in cui i livelli di biodiversità sono maggiori.
È noto che gli ecosistemi sono sistemi complessi in cui ogni elemento componente è collegato a tutti gli altri da un tale numero di rapporti diretti ed indiretti che non siamo assolutamente in grado di conoscere, enumerare, studiare e valutare.
Sappiamo solo che qualsiasi nostra azione produce una perturbazione del sistema di cui non conosciamo le conseguenze. Può essere assorbita dal sistema stesso grazie alle sue straordinarie doti di resistenza e resilienza, ma potrebbe anche essere catastrofica come, a livello locale, è capitato talvolta di osservare. Il problema è che non abbiamo idea di quale sia la soglia dell’irreversibilità oltre la quale la catastrofe sarà globale e definitiva.
Il grande ecologo Edward O. Wilson ha, comunque, voluto approfondire l’argomento e, sulla base dei dati raccolti in decenni di studi suoi personali e di altri autori, è arrivato alla conclusione che per salvare la vita sulla terra sia indispensabile conservare almeno il 50% (Half Earth) degli ecosistemi. Così si salverebbe l’ottanta per cento delle specie presenti sul pianeta e si annullerebbe il rischio immediato di estinzione della vita per perdita della biodiversità, o meglio biocomplessità, necessaria al funzionamento degli ecosistemi. Ciò vale, innanzitutto, per le foreste.

I benefici dell’immergersi nella natura
Ma l’uomo non vuole solo sopravvivere, vuole vivere e vuole vivere a lungo nella condizione di massimo benessere fisico. A tal fine cerca conforto in medicine, droghe, integratori, attività sportive sproporzionate per chi non è atleta. Ma perché non cercare qualcosa di più semplice e naturale? La risposta viene dal Giappone dove è stata incontestabilmente dimostrata la validità dello Shinrin-Yoku detto in inglese Forest Bathing o bagno nella foresta.
La maggiore ossigenazione degli ambienti ricchi di alberi, i monoterpeni e le altre sostanze volatili emesse dagli stessi, il colore delle piante e tanti elementi che non sono stati studiati esercitano sulla salute fisica e psichica dell’uomo effetti assolutamente salutari. Si va dalla cura dello stress fino a benefici per i malati di Parkinson e di Alzheimer e all’aumento di linfociti NK (Natural Killer), tra le nostre principali difese immunitarie.

Proteggere le foreste per difendere la vita
Il nostro legame con le foreste è dunque imprescindibile. Esse sono un bene unico, prezioso, ma anche estremamente fragile e delicato. Rispettiamo le foreste, impariamo a conoscerle, acquisiamo consapevolezza della loro importanza per la nostra stessa vita e impegniamoci a proteggerle.
Partiamo dalle aree ancora selvatiche più vicine a noi, e sosteniamo le associazioni che si battono per la conservazione delle foreste, ma partecipiamo anche a progetti di rimboschimento, o a qualunque altra azione in difesa della nostra stessa vita.
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